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Mamme lavoratrici sensi di colpa

Mamme lavoratrici, basta con i sensi di colpa!

Mamme lavoratrici, basta con i sensi di colpa!

“Ho un po’ idea che ti piacerebbe tanto se la mamma restasse sempre a casa a fare la domestica a te e ai tuoi fratellini, a lucidare le vostre scarpine, a lavare i vostri fazzolettini, e tanti altri eccetera, ecceterini.

Non so che lavoro faccia la tua mamma, ma sarà certo un lavoro utile: utile a voi per i soldi che può guadagnare e utile a tutta la società. E voi dovreste ammirarla ancora di più, non soltanto perché è la vostra mamma, ma perché è una donna che lavora: una donna importante e brava.

Le scarpe le potete lucidare da soli, i fazzoletti li potete dare alla lavandaia, poi vi potete mettere alla finestra ad aspettare che la vostra mamma torni per domandarle: “Che cos’hai fatto oggi? Parlaci del tuo lavoro e insegnaci a diventare bravi come te”.

La mamma che lavora (da Il libro dei perché di Gianni Rodari)

Il tema della conciliazione tra la vita lavorativa e quella familiare è fortemente caratterizzato dalla rappresentazione sociale che vuole ancora le madri come gli angeli del focolare  e questo ha delle grosse ricadute sulle emozioni che le donne e madri provano quando decidono di tornare al lavoro dopo la nascita di un figlio.

Uno dei nodi che le donne si trovano ancora ad affrontare dopo la nascita di un figlio è proprio quello dei sensi di colpa legati al rientrare al lavoro. I sensi di colpa si legano all’idea di non poter garantire la propria presenza continua soprattutto nei primi anni di vita del bambino.

Questo succede nonostante sia ormai risaputo che non è la quantità di tempo trascorsa insieme che fa la differenza, quanto piuttosto il fatto che sia un tempo di qualità. Eppure, appena c’è un cambiamento o una piccola regressione nel comportamento del bambino, la si attribuisce al fatto che il bambino, andando all’asilo, stia lontano dalla mamma e manifesti in questo modo il suo disagio.

Quante volte sentiamo le mamme preoccupate dire “E se fosse perché sono tornata al lavoro?” come spiegazione per ogni espressione di insofferenza o di presunta difficoltà? Ma, come dice la filastrocca di Rodari una mamma che lavora ha anche un valore aggiunto: è una donna importante e brava che può insegnar ai figli a diventare bravi come lei, non solo nello svolgere una professione che la gratifica ma anche nell’avere, come spesso accade, maggiori stimoli e più relazioni sociali che mantengono viva l’apertura mentale.

Una mamma che lavora ed è soddisfatta della propria professione è anche una donna serena anche se stanca, che torna a casa dalla famiglia più di buonumore e questo, in un circolo virtuoso, alimenta anche la serenità dei figli. E se non ci si è visti per tutto il giorno probabilmente ci sarà ancora più gioia nell’incontro al ritorno dal lavoro.

Il fatto di lavorare e di fare ciò che si è scelto nella vita per la propria realizzazione personale e professionale è un ottimo esempio per i figli, che imparano più dai comportamenti che dai discorsi. L’esempio che si da è anche legato al mantenere gli impegni presi, al senso di responsabilità che si può insegnare anche ai figli attraverso le maggiori aree di autonomia graduale che dovranno imparare per gestire le piccole difficoltà quotidiane e gli imprevisti che dovessero presentarsi.

Un altro messaggio importantissimo che si può dare è quello relativo all’autenticità: probabilmente accadrà di tornare a casa stanche e di non riuscire sempre ad avere le energie per fare tutte le cose. Questa apparente difficoltà può diventare la risorsa per insegnare la bellezza dell’imperfezione: non si può sempre riuscire a fare tutto in modo impeccabile, a volte si crolla e questo è umano e può essere spiegato ai figli, che in questo modo impareranno anche a non essere troppo severi con se stessi.

Naturalmente per la gestione di famiglia e lavoro è necessaria una buona organizzazione e condivisione dei compiti con l’altro genitore e, di solito quando le donne lavorano, anche la distribuzione dei ruoli e delle funzioni genitoriali è più equa e anche questo è un grandissimo beneficio per i figli che avranno così la possibilità di avere accesso paritario ad entrambi i genitori.

Inoltre i bambini hanno bisogno di interiorizzare le relazioni, farle crescere dentro di sé e sentire che i rapporti con le figure adulte di riferimento diventano stabili nella propria mente. Questo processo viene portato avanti con tutte le esperienze che vivono: sia quelle di contatto, anche molto stretto, sia quelle di assenza e di mancanza che sono fondamentali per capire se la relazione e stata davvero interiorizzata.

Insomma se si pensa di dover sacrificare il proprio lavoro con l’idea che questo aiuterà i propri figli a crescere meglio, possiamo dire che si tratta di un errore, di un sacrificio che non ha senso fare a meno che non lo si desideri per se stesse.

Maria Grazia Rubanu
Psicologa Psicoterapeuta

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