Che cos’è la malattia di Kawasaki?
La malattia di Kawasaki descritta per la prima volta in Giappone nel 1967, è una infiammazione acuta dei vasi i piccolo e medio calibro di tutti i distretti dell’organismo, la cui causa è attualmente ancora sconosciuta.
Sono state suggerite diverse ipotesi (infettive, immunologiche e genetiche) che probabilmente si integrano tra loro a delineare il quadro di una malattia definita multifattoriale, cioè con più cause.
Le sue caratteristiche indicherebbero una possibile causa scatenante infettiva e diversi microbi sono stati isolati in pazienti con malattia di Kawasaki ma nessuno può essere considerato l’agente responsabile.
La malattia di Kawasaki ha un’elevata frequenza nella popolazione asiatica e nei discendenti di tali popolazioni migranti nei paesi occidentali, ha una maggiore incidenza nei fratelli e soprattutto nei gemelli ed infine può comparire in figli di genitori precedentemente affetti; pertanto l’ipotesi attualmente più accreditata dalla letteratura internazionale è che la malattia di Kawasaki non sia una pura malattia infettiva, ma una malattia che si manifesta in individui geneticamente predisposti.
Nei soggetti affetti da malattia di Kawasaki si è dimostrato la presenza dell’antigene di istocompatibilità HLA Bw22, sottotipo J2.
La malattia di Kawasaki è una vasculite sistemica febbrile autolimitante che colpisce i bambini.
L’età media è di due anni, il 75%dei pazienti ha meno di 5 anni, sebbene anche neonati ed adolescenti possono esserne colpiti.
La malattia è caratterizzata dall’infiammazione dei vasi di medie dimensioni, di tutto l’organismo. I problemi più gravi derivano dall’infiammazione dei vasi del cuore provocando aneurismi delle arterie coronarie che, se non trattati, possono essere letali.
L’infiammazione, inoltre, può diffondersi in altre parti del corpo, ad esempio raggiungendo pancreas e reni.

I SINTOMI DELLA MALATTIA DI KAWASAKI
La malattia di Kawasaki è caratterizzata dalla febbre da più di 5 giorni, associata a 4 o più dei seguenti segni (criteri clinici diagnostici):
- Congiuntivite bilaterale senza secrezioni
- Alterazioni delle labbra e della cavità orale (faringe arrossato, labbra rosse, secche, fissurate, lingua a fragola
- Rush cutaneo, eritemato- maculare, mai vescicolare e bolloso
- Anomalie delle estremità (Arrossamento delle palme delle mani e delle piante dei piedi accompagnato o meno da edema duro delle mani e piedi, arrossamento dell’area del pannolino)
- Linfodenopatia cervicale monolaterale (tumefazione da un solo lato dei linfonodi della ragione del collo).
Sono inoltre possibili anche altre manifestazioni cliniche (irritabilità, diarrea, vomito, dolori addominali, interessamento epatico, interessamento articolare, insufficienza cardiaca). Esistono forme tipiche complete ma anche atipiche.
Si distinguono tre fasi della malattia di Kawasaki:
Acuta: la febbre è il primo sintomo (oltre 39) associatà ad irritabilità, letargia, dolori addominali intermittenti tipo colico, presenza degli altri segni acuti della malattia che possono non essere presenti contemporaneamente
Subacuta: (durata fino alla quarta settimana), ha inizio dopo la risoluzione della febbre e degli altri segni acuti. Possono persistere irritabilità, anoressia e congiuntivite, si associa a desquamazione della pelle, soprattutto mani e piedi, rash eritemato maculare, alterazioni orofaringee, aumento del numero delle piastrine circolanti.
Convalescenza:(durata dalla 5 alle 8 settimana), inizia la scomparsa di tutti i segni della malattia, normalizzazione degli indici infiammatori.
La più temibile espressione della malattia è quella cardiaca: nella fase subacuta una parte dei pazienti ha alterazioni cardiache cliniche, come insufficienza acuta del cuore, versamento prerocardiaco, insufficienza acuta della mitreale o infarto acuto del miocardio.
Lo 0,5-1% dei pazienti muore improvvisamente durante la fase subacuta per una malattia delle coronarie.
La diagnosi della malattia di Kawasaki si basa sulla presenza dei criteri clinici diagnostici (che possono anche non essere tutti presenti contemporaneamente). Non esistono difficoltà caratteristiche cliniche o test specifici che possono confermare la diagnosi. Le maggiori sviluppano interessamento delle arterie coronarie senza soddisfare completamente tutti i criteri diagnostici e che manifestazioni cliniche diverse da quelle caratteristiche possono anche essere il primo sintomo.
Nella fase acuta si manifesta spesso un aumento dei globuli bianchi e degli indici infiammatori.
Come si cura la malattia di Kawasaki
- Immunoglobine endovena
- Aspirina come antiinfiammatorio e antiaggregante
- Steroidi
Coronavirus e Malattia di Kawasaki nei bambini
Negli ultimi giorni si è registrato sia in Gran Bretagna e sia nell’ospedale di Bergamo un picco di casi di vasculite tra i pazienti sotto i 5 anni che somiglia alla Malattia di Kawasaki. Questo ha portato a pensare alla possibilità che vi sia una concreta relazione tra la malattia di Kawasaki e il Covid.
Questo è successo perché si sono verificati diversi ricoveri di bambini con la malattia di Kawasaki e il numero dei casi è stato uguale al numero dei ricoveri degli ultimi 3 anni.
C’è ancora molto da capire – la parole chiave si chiama “infiammazione”, che è la risposta dell’organismo al coronavirus; una superinfiammazione sarebbe alla base di quello che si sta osservando nei bambini che, in qualche modo, sono entrati in contatto con il virus; vasculite è la flogosi dei vasi in comune alle due patologie.
Ai tempi di Covid 19 si ha la sensazione che qualcosa stia mutando. In alcuni centri pediatrici è stato recentemente notato che in una percentuale non trascurabile di casi la malattia si è presentata con un quadro clinico non tipico e ha manifestato resistenza al trattamento delle immunoglobine e tendenza verso una sindrome da attivazione magrofagica o una sindrome dello shock tossico, che hanno richiesto trattamenti aggressivi e talvolta a ricoveri in terapia intensiva.
Tra le curiosità da segnalare c’è che i bambini che hanno presentato questo quadro clinico aggressivo sono risultati positivi al coronavirus o per la ricerca degli anticorpi che segnalano l’avvenuta infezione.
Non è chiaro se il virus sia direttamente coinvolto nello sviluppo di questi casi della malattia di Kawasaki o se le forme che si stanno osservando rappresentino una patologia sistemica con caratteristiche simili a quelle della malattia di Kawasaki, ma secondarie all’infezione.
L’elevata incidenza della malattia di Kawasaki è l’associazione con la positività dei tamponi suggerisce che l’associazione non sia causale.
Queste osservazioni potrebbero quindi indicare che il coronavirus sia implicato nell’innesco della malattia di Kawasaki e avvalorare l’ipotesi che questa malattia sia causata da un agente infettivo.
Ma c’è ancora molto da capire.